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Apologia del Gommone Macchina da Pesca

Homo pìscator gommoniènsis

Lo si distingue immediatamente dalle altre forme evolutive, egli appare come una figura mitologica, mezzo uomo, mezzo gommone. La simbiosi, l’interazione fra i due organismi dà luogo alla macchina da pesca più efficiente che possa solcare le acque … Le doti marine dell’uno, l’intelligenza e la sensibilità dall’altro … Le previsioni meteorologiche prevedono l’arrivo del maestrale per le undici. L’uomo sa che l’entrata del vento costituisce un momento magico, per i pesci è come un segnale che li attiva, li rende aggressivi. Sa benissimo che, se si farà trovare nel posto giusto, nel momento giusto, in quella mezzora in cui il vento diventa padrone del mare, probabilmente la canna nelle sue mani comincerà ad animarsi di una forza aliena, sconosciuta, misteriosa, trasmettendogli la ridda di emozioni e sensazioni per le quali, forse, si trova lì, in mezzo al mare.

In realtà egli non sa se il suo scopo sia la cattura di una preda o, semplicemente, la scusa per trovarsi lì, in mezzo al vento ed alle onde. Non lo sa e non gli interessa saperlo, perché come per tutte le passioni intimamente vissute non importa quale sia l’inizio, la fine, il fine. Ecco che da nord-ovest finalmente compare la striscia scura, che presto, prestissimo lo ingloberà. Le creste ormai sono bianche e cominciano a rompersi sotto le raffiche. Già ai primi sentori dell’arrivo del groppo di vento le “jacuzzi” (*) più piccole , che facevano da collana alla secca, hanno volto, giustamente, la prua al ridosso più vicino … Pesca finita, meno male che c’è il prendisole.

E i fisherman?

Resistono i fisherman più grandetti … ma che pena! Vedere quei poveretti nel pozzetto che cercano di prendere il tempo al rollio. Le labbra dell’indomito gommonauta si increspano in un sorriso beffardo, dettato dalla coscienza di essere, a differenza dei barcaioli, un tutt’uno col suo mezzo nautico. Un prodotto evolutivo diverso, più efficiente, in grado di trovare, in mezzo al marasma, un equilibrio globale. Con la coda dell’occhio vede il pescatore sulla murata della barca più vicina, fare clamorosamente cilecca sulla ferrata, istintiva, sull’improvviso attacco del pesce. Una ferrata a vuoto non per imperizia, ma semplicemente perché il repentino abbassarsi del giardinetto, dovuto alla combinazione di rollio e beccheggio, ha colto in controtempo il pescatore e reso inefficace il suo gesto.

È un segnale di allerta, i pesci sono entrati in attività, ed ecco che il “piscator gommoniensis” reagisce some un unico e perfetto sistema psicocibernetico; mente, braccio, canna, indissolubilmente saldati al tubolare con le punte dei piedi insinuate fra gomma e vetroresina, le tibie avvinte da un abbraccio pneumatico, le ginocchia piantate e sicure sulla adattiva curva del tubolare. Ecco che il sistema è pronto, efficiente, efficace, e quando il pesce attacca reagisce senza sbavature, con perfetto tempismo, contrasta la furia del diavolo scatenato che dall’altra parte del filo vorrebbe impertinentemente tirarlo a se, trascinarlo negli abissi. Ma il gommo-uomo non è un sistema rigido, pesante, inerte, è un lottatore di judo, che asseconda piuttosto che contrastare, che si fa tirare piuttosto che opporsi, che non permette al pesce un confronto rigido e pericoloso per l’attrezzatura, per il filo, per gli ami… che stempera l’effetto delle testate più furiose e delle fughe più prepotenti, che somma la propria elasticità a quella della canna, delle braccia, della mente.

Massimo “Ambermax” Sanna

(*) termine quasi dispregiativo usato dai gommonauti per indicare le barche rigide n.d.r.